Permessi per il diritto allo studio: Circolare della Funzione Pubblica

>>>Permessi per il diritto allo studio: Circolare della Funzione Pubblica

Il Dipartimento della funzione pubblica, a seguito di numerose richieste di chiarimento in materia di permessi e congedi per diritto allo studio, soprattutto a seguito della sempre più ampia diffusione di corsi organizzati dalle università telematiche, con la circolare n. 12, del 7/10 u.s. ha fornito alcuni chiarimenti sull’argomento.
Nel rinviare per l’esaustività degli stessi, al testo completo della suddetta circolare, si riportano di seguito i suoi aspetti salienti.

La rilevanza della formazione universitaria nelle pubbliche amministrazioni

Un indubbio strumento da valorizzare per coloro che lavorano nell’amministrazione pubblica è costituito dalla formazione universitaria. Il possesso di titoli accademici è rilevante sia per l’accesso dall’esterno nella pubblica amministrazione sia per lo sviluppo professionale al suo interno. Quindi, soprattutto in un momento caratterizzato dal contenimento dei costi e dall’imposizione di rigidi tetti anche all’ammontare della spesa per formazione, è importante che – nei limiti del buon andamento e dell’efficienza dell’organizzazione – i dipendenti interessati siano messi nelle condizioni di seguire i corsi e di fruire delle agevolazioni che l’ordinamento prevede allo scopo. L’Unione europea, nell’ultimo decennio, ha incoraggiato gli Stati membri a sperimentare nuovi metodi e approcci di apprendimento, che favorissero l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni nei sistemi di istruzione e formazione. In particolare, gli sforzi, anche di finanziamento, dell’UE sono stati rivolti a supportare, nell’ambito delle iniziative di formazione a distanza, il settore universitario. In questo contesto, già da tempo le “università telematiche” sono state regolamentate anche nell’ordinamento italiano, accordando alle istituzioni che rispondono a determinati requisiti l’abilitazione a rilasciare titoli accademici.

Le agevolazioni per i pubblici dipendenti in relazione al diritto allo studio

Tra gli istituti utilizzabili allo scopo si rammentano:

  • i congedi per la formazione, previsti dall’art. 5 della L. n. 53 del 2000 e nei CCNL, utilizzabili anche per il conseguimento di titoli universitari o per la partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro, che possono essere accordati secondo le condizioni stabilite nei CCNL e negli accordi collettivi ai lavoratori con anzianità di servizio di almeno 5 anni per un massimo di undici mesi nell’arco della vita lavorativa; durante il periodo di congedo il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione;
  • 150 ore di permessi retribuiti all’anno riconosciuti secondo le previsioni dei CCNL – nel limite del 3% del personale in servizio ciascun anno nell’amministrazione – per la partecipazione ai corsi anche universitari e post-universitari che si svolgono durante l’orario di lavoro;
  • agevolazioni relative all’orario di lavoro, secondo la disciplina contenuta nel CCNL, in quanto il personale interessato ai corsi ha diritto all’assegnazione a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi stessi e la preparazione agli esami e non può essere obbligato a prestazioni di lavoro straordinario né al lavoro nei giorni festivi o di riposo settimanale;
  • 8 giorni l’anno di permesso retribuito per la partecipazione agli esami, previsti dai CCNL di comparto;
  • l’aspettativa per il conseguimento del dottorato di ricerca, accordata secondo la disciplina contenuta nell’art. 2 della L. n. 476 del 1984, come modificata dalla L. n. 240 del 2010 e dal d.lgs. n. 119 del 2011.

Per quanto riguarda quest’ultimo congedo, la disciplina è stata modificata ad opera di due recenti provvedimenti normativi. In particolare, con la L. n. 240 del 2010 (c.d. legge Gelmini) è stato previsto in maniera innovativa che il collocamento in aspettativa del dipendente avviene “compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione“, accordando così all’interessato una posizione giuridica soggettiva condizionata, la cui realizzazione è subordinata alle esigenze di buon andamento. Inoltre, il diritto al congedo non è riconosciuto a coloro che hanno già conseguito il titolo di dottore di ricerca e a coloro che sono stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico beneficiando del congedo senza aver poi conseguito il titolo.
Con l’art. 5 del d.lgs. n. 119 del 2011 (attuativo della delega conferita al Governo con l’art. 23 della L. n. 183 del 2010 per il riordino della normativa in materia di congedi aspettative e permessi), è stato poi chiarito che la ripetizione degli importi corrisposti al dipendente in aspettativa retribuita (nel caso in cui vi sia stata questa opzione da parte dell’interessato) è dovuta solo se il dipendente cessa da qualsiasi rapporto di lavoro o di impiego con l’amministrazione pubblica, mentre nessuna ripetizione è prevista nel caso di passaggio per mobilità o vincita di concorso presso altra amministrazione.
Lo stesso d.lgs. n. 119 ha poi chiarito esplicitamente che il nuovo regime dell’aspettativa per dottorato di ricerca riguarda anche il personale soggetto all’ambito applicativo del d.lgs. n. 165 del 2001, per il quale era intervenuta la disciplina da parte dei CCNL di comparto.
Per quanto attiene la disciplina dei permessi retribuiti di 150 ore, il relativo regime è contenuto nei CCNL e negli accordi collettivi (es.: art. 13 CCNL 16 maggio 2001 compatto ministeri, art. 9 CCNL 14 febbraio 2001 comparto enti pubblici non economici, art. 15 CCNL 14 settembre 2000 compatto regioni ed autonomie locali, art. 78 d.P.R. n. 782 del 1985 per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e ad ordinamento militare), che stabiliscono la tipologia di corsi per i quali i permessi possono essere fruiti, le condizioni per la concessione e il contingente massimo di personale che può fruirne, con l’individuazione dei criteri di priorità per il caso di domande eccedenti rispetto alla disponibilità del contingente. In base alle clausole negoziali, le ore di permesso possono essere utilizzate per la partecipazione alle attività didattiche o per sostenere gli esami che si svolgano durante l’orario di lavoro, mentre non spettano per l’attività di studio. Questo orientamento applicativo, oltre che dal tenore delle clausole, è confermato dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. lav. n. 10344/ 2008) e dell’ARAN.
Un aspetto particolarmente discusso è quello relativo alla possibilità di fruizione del permesso da parte dei dipendenti iscritti alle università telematiche. In proposito, anche alla luce di quanto precisato dall’ARAN in più di un’occasione, si sottolinea che le clausole nel disciplinare le agevolazioni non contengono specifiche previsioni sui corsi tenuti dalle università telematiche e, pertanto, la relativa disciplina deve intendersi di carattere generale, non rinvenendosi in astratto preclusioni alla fruizione del permesso da parte dei dipendenti iscritti alle università telematiche. In ogni caso tale fruizione deve avvenire nel rispetto delle condizioni fissate dalle clausole medesime, per cui essa risulta subordinata alla presentazione della documentazione relativa all’iscrizione e agli esami sostenuti, nonché all’attestazione della partecipazione personale del dipendente alle lezioni.
In quest’ultimo caso i dipendenti iscritti alle università telematiche dovranno certificare l’avvenuto collegamento all’università telematica durante l’orario di lavoro.
Si allega:

 

2011-10-21T08:32:41+00:00
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