La Suprema Corte di Cassazione – a seguito delle decisioni sia della Corte Europea che della Corte di Giustizia – ha finalmente riconosciuto le ragioni del personale A.T.A. trasferito dagli Enti Locali allo Stato.
La vicenda del personale A.T.A. trasferito dagli Enti locali allo Stato ha finalmente trovato una favorevole soluzione giudiziale.
Infatti, dopo che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (con sentenza del 7 giugno 2011, inviataVi con il comunicato del 16.6.2011) ha accertato che lo Stato italiano ha violato i diritti del personale Ata, emanando la c.d. legge di interpretazione autentica (finanziaria 2006) nel senso di non riconoscere l’intera anzianità pregressa, anche la Corte di Giustizia Europea (sentenza del 6/9/2011) ha accolto le ragioni dei lavoratori. Infatti, dopo aver osservato che la vicenda integrava un trasferimento di azienda, la Corte di Giustizia ha affermato che la posizione dei lavoratori trasferiti non poteva subire un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell’intera anzianità maturata presso gli Enti locali.
A seguito di tali pronunce la Suprema Corte di Cassazione (sentenza del 17/10/2011) ha accolto il ricorso dei lavoratori, cassando la sentenza della Corte di Appello di Campobasso e rinviando per la decisione nel merito alla stessa Corte in diversa composizione che dovrà conformarsi al principio anzidetto.
Alla luce di tale nuovo orientamento della Suprema Corte– questa volta definitivamente favorevole ai lavoratori – si suggerisce di riattivare i giudizi in corso nelle fasi di merito (primo e secondo grado) e, per coloro che sono attualmente in servizio e non hanno iniziato alcun giudizio né hanno posto in essere atti interruttivi della prescrizione, possono comunque chiedere al Tribunale del lavoro competente il riconoscimento dei loro diritti in relazione alla effettiva ricostruzione di carriera, salva la prescrizione (quinquennale in ipotesi già maturata) per le differenze retributive.
Per quanto, invece, concerne le pronunce negative della Suprema Corte che non sono state impugnate entro 6 mesi dinanzi alla Corte Europea, purtroppo deve ritenersi che il giudicato preluda ogni possibilità di riaprire la questione.
Resta però aperto uno “spiraglio” in ordine alla nota problematica del “fatto illecito del legislatore” che potrebbe comportare la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni allo Stato italiano per avere adottato una normativa successivamente accertata illegittima perché in contrasto con la normativa europea con cui si erano violati gravemente i diritti dei lavoratori.
La Segreteria Provinciale SNALS CONFSAL di Oristano resta a disposizione per ogni chiarimento.
1) Sentenza Corte Europea Diritti dell’Uomo 7.06.2011
2) Sentenza Corte Giustizia Europea 6.09.2011
3) Sentenza Corte Cassazione 17.10.2011 n. 21441