Modifiche in materia di permessi per l’assistenza alle persone con disabilità

>>Modifiche in materia di permessi per l’assistenza alle persone con disabilità

* 

brunetta

Modifiche in materia di permessi per l’assistenza alle persone con disabilità

Come è noto, sulla Gazzetta ufficiale del 9 novembre 2010, n. 262, è stata pubblicata la legge 4 novembre 2010, n. 183, recante “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.”. La legge è entrata in vigore il 24 novembre 2010.

 

L’art. 24 della nuova legge riguarda le “Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità“. La disposizione innova parzialmente il regime dei permessi per l’assistenza ai soggetti disabili contenuto nella legge 5 febbraio 1992, n. 104, e nel decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

Rimane invariato il regime dei permessi, del trasferimento e della tutela della sede per i lavoratori con disabilità che fruiscono delle agevolazioni per le esigenze della propria persona.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con la circolare n. 13 del 6/12 u.s., ha illustrato le novità apportate dall’art. 24 della l. n. 183, che sostanzialmente consistono nella restrizione dei soggetti legittimati a fruire dei permessi per assistere persone in situazione di handicap grave, nell’eliminazione dei requisiti della convivenza e della continuità ed esclusività dell’assistenza prestata dal lavoratore, nella ridisciplina del d ritto al trasferimento, nella previsione della decadenza nel caso di insussistenza dei requisiti per la fruizione delle agevolazioni e nell’istituzione della banca dati press il Dipartimento della funzione pubblica.

Si riportano di seguito gli aspetti salienti della stessa.

 

Ridefinizione dei lavoratori legittimati a fruire dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992 per assistere persone in situazione di handicap grave.

 

La principale novità della legge riguarda la materia dei soggetti legittimati a fruire dei permessi per assistere una persona in situazione di handicap grave.

Secondo la nuova norma, in generale, la legittimazione alla fruizione dei permessi per assistere una persona in situazione di handicap grave spetta al coniuge e ai parenti ed affini entro il secondo grado. Rispetto alla normativa precedente, la nuova disposizione da un lato ha menzionato espressamente il coniuge tra i lavoratori titolari della prerogativa, dall’altro ha posto la limitazione dei parenti ed affini entro il secondo grado.

Data la regola generale, la legge ha però previsto un’eccezione per i casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti. In queste ipotesi, stimando eccessivamente onerosa o impossibile l’opera di assistenza a causa dell’età non più giovane o della patologia del famigliare, la legge prevede la possibilità di estendere la legittimazione alla titolarità dei permessi anche ai parenti e agli affini entro il terzo grado.

Pertanto, la novità più rilevante rispetto al regime previgente è rappresentata dalla restrizione della categoria di famigliari che possono fruire dei permessi, poiché con la nuova norma si passa dal terzo al secondo grado di parentela, salvo la ricorrenza delle situazioni eccezionali dell’assenza, dell’età anagrafica o delle patologie.

Per quanto attiene al rapporto di parentela e quello di affinità, in base alla legge, sono parenti di primo grado: i genitori, i figli; sono parenti di secondo grado: i nonni, i fratelli, le sorelle, i nipoti (figli dei figli); sono parenti di terzo grado: i bisnonni, gli zii, i nipoti (figli di fratelli e/o sorelle), i pronipoti in linea retta. Sono affini di primo grado: il/la suocero/a, la nuora, il genero; sono affini di secondo grado: i cognati; sono affini di terzo grado: gli zii acquisiti, i nipoti acquisiti.

Poiché la legge non ha definito la nozione di “patologie invalidanti”, un utile punto di riferimento per l’ individuazione di queste patologie è rappresentato dall’art. 2, comma 1, lett. d), del decreto interministeriale – Ministero per la solidarietà sociale, Ministero del lavoro e della previdenza sociale, Ministero per le pari opportunità 21 luglio 2000, n. 278.

Pertanto, quelle da considerare sono:

“1) patologie acute o croniche che determinano temporaneo o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; 2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali; 3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario”.

Di conseguenza, nel caso in cui il coniuge o i genitori della persona in situazione di handicap grave, siano affetti dalle patologie rientranti nel suddetto elenco, l’assistenza potrà essere prestata anche da parenti o affini entro il terzo grado.

In considerazione che, si può passare dal secondo al terzo grado di parentela anche nel caso di decesso o assenza del coniuge o del genitore della persona in situazione di handicap grave, in tal caso è da ritenersi corretto ricondurre al concetto di assenza, oltre alle situazioni di assenza naturale e giuridica in senso stretto (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), le situazioni giuridiche ad esse assimilabili, che abbiano carattere stabile e certo, quali il divorzio, la separazione legale e l’abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.

Si evidenzia, infine, che la possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti), poiché nella disposizione normativa è utilizzata la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti“).

 

Individuazione di un referente unico per l’assistenza alla essa persona in situazione di handicap grave.

 

Con la nuova prescrizione viene ripreso in parte e tipizzato il concetto di esclusività dell’assistenza, limitandolo alla regola secondo cui i permessi possono essere accordati ad un unico lavoratore per l’assistenza alla stessa persona. In base alla legge, quindi, viene individuato un unico referente per ciascun disabile.

Considerato che sulla questione sono stati ricevuti numerosi quesiti, si evidenzia che le nuove norme non precludono espressamente la possibilità per lo stesso dipendente di assistere più persone in situazione di handicap grave, con la conseguenza che, ove ne ricorrano tutte le condizioni, il medesimo lavoratore potrà fruire di permessi anche in maniera cumulativa per prestare assistenza a più persone disabili.

Analogamente, le nuove norme non precludono espressamente ad un lavoratore in situazione di handicap grave di assistere altro soggetto che si trovi nella stessa condizione e, pertanto, in presenza dei presupposti di legge, tale lavoratore potrà fruire dei permessi per se stesso e per il famigliare disabile che assiste.

 

La posizione dei genitori che assistono un figlio in situazioni di handicap grave.

 

Secondo quanto previsto dal nuovo comma 3, dell’art. 33, l’assistenza può essere prestata alternativamente da entrambi i genitori.

Pertanto, fermo restando il limite complessivo dei tre giorni mensili, i permessi giornalieri possono essere utilizzati dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre per l’assistenza al medesimo figlio. Si evidenzia peraltro che, in base alla nuova disciplina, i permessi giornalieri possono essere fruiti anche dai genitori di un minore di tre anni in situazione di handicap grave.

La possibilità per i genitori di minore di tre anni disabile di prendere i permessi ai sensi dell’art. 33 si aggiunge alle altre prerogative previste nel D.lgs. n. 151 del 2001. Quindi, resta fermo il diritto dei genitori del minore di tre anni in situazione di handicap grave di fruire, in alternativa ai permessi giornalieri mensili, del prolungamento del congedo parentale o dei riposi orari retribuiti di cui all’art. 42 del predetto D.lvo. n. 151/2001.

È opportuno segnalare che, trattandosi di istituti speciali rispondenti alle medesime finalità di assistenza del figlio disabile, la loro fruizione deve intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese, cosicché nel mese in cui uno dei due genitori abbia fruito di uno o più giorni di permesso ai sensi dell’art. 33, comma 3, entrambi i genitori non potranno beneficiare per lo stesso figlio neppure delle due ore di riposo giornaliero, del prolungamento del congedo parentale e del congedo di cui all’art. 42, comma 5, del D.lgs. n. 151 del 2001 e viceversa.

Alle agevolazioni previste per i genitori dal nuovo comma 3 dell’art. 33 si aggiunge poi la possibilità di fruire dei permessi anche per i parenti e gli affini di cui alla medesima disposizione, naturalmente sempre nel limite dei tre giorni e in alternativa ai genitori.

 

I presupposti oggettivi per il riconoscimento dei permessi:

Tali presupposti sono:

a) la persona in situazione di handicap grave non deve essere ricoverata a tempo pieno

 

Si conferma che per ricovero a tempo pieno si intende il ricovero per le intere 24 ore. Si chiarisce, inoltre, che il ricovero rilevante ai fini della norma è quello che avviene presso le strutture ospedaliere o comunque le strutture pubbliche o private che assicurano assistenza sanitaria.

Si precisa che fanno eccezione a tale presupposto le seguenti circostanze:

  • interruzione del ricovero per necessità del disabile di recarsi fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite o terapie;

  • ricovero a tempo pieno di un disabile in coma vigile e/o in situazione terminale;

  • ricovero a tempo pieno di un minore in situazione di handicap grave per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un famigliare.

 

La ricorrenza delle situazioni eccezionali di cui sopra dovrà naturalmente risultare da idonea documentazione medica che l’amministrazione è tenuta a valutare.

 

b) l’eliminazione dei requisiti della convivenza, della continuità ed esclusività dell’assistenza

 

I requisiti della “continuità” e dell’ “esclusività” dell’assistenza non sono più menzionati espressamente quali presupposti necessari ai fini della fruizione dei permessi in argomento da parte dei beneficiari. Inoltre, nella riformulazione dell’art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992 non è più presente il requisito della “convivenza”, che era necessario per la fruizione dei permessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 20 della l. n. 53 del 2000. Analogamente, la legge ha abrogato l’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 151 del 2001, il quale prevedeva che i permessi dei genitori di figlio in situazione di handicap grave maggiore di età potessero essere fruiti a condizione che sussistesse convivenza o che l’assistenza fosse continuativa ed esclusiva.

 

Le prerogative relative alla sede di servizio.

 

Con la modifica apportata è stato previsto opportunamente che l’avvicinamento che si può ottenere mediante il trasferimento non è verso il domicilio del lavoratore che presta assistenza quanto piuttosto verso il domicilio della persona da assistere.

La nuova norma, rispondendo all’esigenza di tutela del disabile, accorda al lavoratore un diritto, che può essere mitigato solo in presenza di circostanze oggettive impeditive, come ad esempio la mancanza di posto corrispondente nella dotazione organica di sede, mentre non può essere subordinato a valutazioni discrezionali o di opportunità dell’amministrazione.

 

Oneri del dipendente interessato alla fruizione delle agevolazioni.

 

Il dipendente interessato ha l’onere di presentare apposita istanza per la fruizione delle agevolazioni previste dalla legge e di dimostrare la sussistenza dei presupposti di legittimazione attraverso la produzione di idonea documentazione (il verbale della commissione medica dal quale risulti l’accertamento della situazione di handicap grave, nonché, se del caso, il certificato medico dal quale risulti la patologia invalidante di cui all’art. 33 comma 3, della l. n. 104).

Inoltre, l’interessato è tenuto a certificare con apposite dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47, del D.P.R. n. 445 2000 per la sussistenza delle condizioni che legittimano la fruizione delle agevolazioni.

Infine, a corredo dell’istanza, l’interessato deve presentare dichiarazione sottoscritta di responsabilità e consapevolezza dalla quale risulti che:

  • presta assistenza nei confronti del disabile per il quale sono chieste le agevolazioni ovvero che necessita delle agevolazioni per le necessità legate alla propria situazione di disabilità;

  • è consapevole che le agevolazioni sono uno strumento di assistenza del disabile e, pertanto, il riconoscimento delle agevolazioni stesse comporta la conferma dell’impegno – morale oltre che giuridico – a prestare effettivamente la propria opera di assistenza;

  • è consapevole che la possibilità di fruire delle agevolazioni comporta un onere per l’amministrazione e un impegno di spesa pubblica che lo Stato e la collettività sopportano solo per l’effettiva tutela dei disabile;

  • si impegna a comunicare tempestivamente ogni variazione della situazione di fatto e di diritto da cui consegua la perdita della legittimazione alle agevolazioni.

 

A seguito dell’accoglimento della domanda da parte dell’ amministrazione, il dipendente dovrà comunicare tempestivamente il mutamento o la cessazione della situazione di fatto e di diritto che comporta il venir meno della titolarità dei benefici e dovrà aggiornare la documentazione prodotta a supporto dell’istanza quando ciò si renda necessario, anche a seguito di richiesta dell’amministrazione.

Salvo dimostrate situazioni di urgenza, per la fruizione dei permessi, l’interessato dovrà comunicare al dirigente competente le assenze dal servizio con congruo anticipo, se possibile con riferimento all’intero arco temporale del mese, al fine di consentire la migliore organizzazione dell’attività amministrativa.

 

Doveri dell’amministrazione

 

L’amministrazione che riceve l’istanza di fruizione delle agevolazioni da parte del dipendente interessato deve verificare l’adeguatezza e correttezza della documentazione presentata, chiedendone, se del caso, l’integrazione.

 

I provvedimenti di accoglimento dovranno essere periodicamente monitorati al fine di ottenere l’aggiornamento della documentazione e verificare l’attualità delle dichiarazioni sostitutive prodotte a supporto dell’istanza.

E’ necessario chiedere il nuovo verbale medico nel caso di accertamento di handicap grave rivedibile.

In fase di prima applicazione, ogni amministrazione dovrà procedere a riesaminare i provvedimenti di assenso già adottati al fine di verificare la sussistenza delle condizioni previste dalla nuova legge. In caso di insussistenza dei requisiti, salvo tempestiva integrazione della documentazione prodotta in passato da parte dell’interessato, l’atto di assenso dovrà essere revocato e le agevolazioni non potranno essere più accordate per effetto della decadenza.

 

La decadenza conseguente all’accertamento dell’insussistenza o del venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei diritti.

 

Con la nuova disposizione è stato reso esplicito che poiché le prerogative spettano solo a coloro che sono legittimati in base alla legge, in assenza dei presupposti legali, viene meno la possibilità di fruizione delle agevolazioni. L’accertamento circa l’insussistenza dei requisiti spetta al datore di lavoro, privato o pubblica amministrazione, e all’lNPS per il settore del lavoro privato.

 

 

A titolo di esempio, si può verificare la decadenza anche in capo al lavoratore in situazione di handicap grave che prende i permessi per le proprie esigenze o in capo al genitore che fruisce delle due ore di permesso al giorno ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001.

Inoltre, sempre a titolo di esempio, tra le situazioni che possono dar luogo alla decadenza si menzionano: il venir meno della situazione di handicap grave a seguito della visita di revisione, il decesso della persona in situazione di handicap grave, il sopravvenuto ricovero tempo pieno del disabile, la circostanza che due lavoratori prendono permessi per assistere la medesima persona di handicap grave.

 

Banca dati presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica.

Presso il Dipartimento della funzione pubblica è previsto l’istituzione di una banca dati finalizzata al monitoraggio e al controllo sulla legittima fruizione dei permessi accordati ai pubblici dipendenti che ne fruiscono in quanto persone disabili o per assistere altra persona in situazione di handicap grave.

Una volta attivata la banca dati, le pubbliche amministrazioni dovranno effettuare adeguata comunicazione dei dati rilevanti per via telematica entro 31 marzo di ciascun anno.

L’attivazione della banca dati e le modalità operative da seguire per effettuare le comunicazioni saranno oggetto di successiva circolare del Dipartimento.

 

2010-12-17T18:12:11+00:00
Questo sito web usa cookie e servizi di terze parti Impostazioni Ok

Google Maps