Riposi giornalieri del padre (Art. 40 D.LGS. 151/2001)
Come è noto, l’articolo 40 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 prevede, tra l’altro, alla lettera c) che il padre lavoratore dipendente possa fruire dei riposi giornalieri nel caso in cui lo madre non sia lavoratrice dipendente.
Tali riposi giornalieri sono quelli previsti nel precedente articolo 39 dello stesso decreto, il quale contempla fino a due periodi di riposo, anche cumulabili, di un’ora ciascuno, nell’arco della giornata lavorativa del richiedente, durante il primo anno d i vita del bambino. Inoltre, l’articolo 40 prevede la fruizione di tali riposi orari da parte del padre lavoratore anche nei casi:
- in cui i figli siano affidati al solo padre;
- in cui la madre lavoratrice dipendente non se ne avvalga;
- di morte o di grave infermità della madre.
In sede di prima applicazione della disposizione di cui alla lettera c), la “lavoratrice non dipendente” è stata intesa nel senso di madre lavoratrice autonoma (cfr. cioè: artigiana, commerciante, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola, parasubordinata, libera professionista) avente diritto ad un trattamento economico di maternità a carico dell’lNPS o di altro Ente previdenziale e non anche la madre casalinga, con conseguente esclusione, in tal’ultima ipotesi, del diritto del padre a fruire dei riposi giornalieri salvi, ovviamente, i casi di morte o grave infermità della madre.
A riguardo l’INPDAP, con la nota operativa n. 23 del 13/10 u.s. ha precisato che:
- con sentenza n. 4293 del 9 settembre 2008, il Consiglio di Stato ha dedotto in via estensiva che la ‘ratio ‘ della norma, “rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità in attuazione delle finalità generali scolpite dall’articolo 31 della Costituzione”, induce a ritenere ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri da parte del padre, oltre che nell’ipotesi di madre lavoratrice autonoma, anche nel caso di madre casalinga . In buona sostanza, la madre casalinga impegnata in attività che la distolgono dalla cura del neonato deve essere considerata, secondo l’alto parere, alla stessa stregua della lavoratrice non dipendente cui la norma fa esplicito richiamo;
- anche il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con lettera circolare n. 8494 del 12 maggio 2009, nell’intento di fare definitiva chiarezza, si è espresso in senso favorevole al riconoscimento “de quo”, richiamando il già citato orientamento giurisdizionale del Consiglio di Stato, nonché lo sentenza della Corte di Cassazione n. 20324 del 20 ottobre 2005;
- l’interpretazione estensiva scaturente dagli indirizzi giurisprudenziali sopracitati consente di riconoscere al lavoratore padre il diritto a fruire dei permessi previsti dall’articolo 40, lettera c), del D.Lgs. n.151/2001, anche nell’ ipotesi in cui lo madre svolga lavoro casalingo. Pertanto, in presenza di determinate condizioni, opportunamente documentate (cfr. madre casalinga impossibilitata a prendersi cura del neonato perché impegnata in altre attività, quali ad esempio accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, cure mediche ed altre simili), il padre dipendente può fruire dei riposi giornalieri nei limiti di due ore o di un’ ora al giorno a seconda dell’orario giornaliero di lavoro, entro il primo anno di vita del bambino o entro il primo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato;
- analogamente a quanto avviene in caso di madre lavoratrice autonoma, anche nell’ipotesi di madre casalinga il padre dipendente può utilizzare i riposi a partire dal giorno successivo ai tre mesi dopo il parto (ovvero a partire dal giorno successivo alla fine del periodo di maternità riconosciuto per legge);
- in caso di parto plurimo, anche nell’ ipotesi di madre casalinga il padre dipendente può fruire del raddoppio dei riposi e le ore aggiuntive possono essere utilizzate dal padre stesso anche durante i tre mesi dopo il parto;
- non è consentito in alcun modo il recupero delle ore di permesso eventualmente non godute.
Si allega: