DIRITTO ALLA FRUIZIONE DI TRE GIORNI DI PERMESSO MENSILE PER L’ASSISTENZA DI PERSONA CON HANDICAP IN SITUAZIONE DI GRAVITÀ PARENTI O AFFINI ENTRO IL TERZO GRADO
PARERE INTERPELLO MINISTERO DEL LAVORO
Come è noto, l’art. 33, comma 3, così come modificato dell’art. 24, comma 1, lett. a), L. n. 183/2010, prevede che “a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”.
Pertanto, sono legittimati a fruire dei permessi per l’assistenza a persona in situazione di gravità prioritariamente il coniuge e il parente o affine entro il secondo grado. Nei casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere si trovino in una delle condizioni individuate dal Legislatore (abbiano compiuto i 65 anni di età, siano affetti da patologie invalidanti, siano deceduti o mancanti) la fruizione dei permessi è possibile da parte di un parente o affine entro il terzo grado.
A riguardo, il Ministero del Lavoro con l’Interpello prot. n. 37/001166 del 26/6 u.s. ha precisato che:
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può fruire dei permessi in argomento il parente o affine entro il terzo grado anche qualora le condizioni sopra descritte si riferiscano ad uno solo dei soggetti menzionati dalla norma, poiché, sotto un profilo ermeneutico, il Legislatore utilizza la disgiuntiva per indicare le condizioni che consentono l’estensione del diritto ai permessi al terzo grado di parentela o affinità (Dip. Funzione pubblica circ. n. 13/2010);
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una diversa interpretazione – cioè consentire l’estensione al terzo grado solo quando tutti i soggetti prioritariamente interessati (coniuge, parente o affine entro il secondo grado) si trovino nella impossibilità di assistere il disabile – finirebbe per restringere fortemente la platea dei soggetti interessati;
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al fine di consentire la fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 ai parenti o affini entro il terzo grado deve essere dimostrata esclusivamente la circostanza che il coniuge e/o i genitori della persona con handicap grave si trovino in una delle specifiche condizioni stabilite dalla medesima norma, a nulla rileva invece, in quanto non richiesto, il riscontro della presenza nell’ambito familiare di parenti o affini di primo e di secondo grado.